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A pochi giorni di distanza dalla recensione dell’ultimo lavoro di Pierpaolo Ranieri pubblichiamo il testo integrale dell’intervista che ci ha rilasciato.

Anche in questo caso abbiamo cercato una impostazione molto semplice, consideratela quindi una semplice chiacchierata tra amici musicisti. Abbiamo parlato di tante cose cercando di cogliere alcune sfumature non necessariamente legate al discorso professionale.

Buona lettura!

Marco Campea

MC

Pierpaolo, innanzitutto grazie per la tua disponibilità. 

Sei un musicista poliedrico, ti piace spaziare da una situazione all’altra. Quanto ti arricchisce culturalmente questo atteggiamento? Mi spiego meglio: di solito l’estrazione prettamente jazzistica di un musicista non sempre facilita altro tipo di collaborazioni di carattere professionale, ma io credo che a te piaccia variare a prescindere. Oltretutto in questo tuo atteggiamento osservo una sana e sincera forma di rispetto verso altri artisti musicalmente “diversi”. Mi sbaglio?

PR

Ciao Marco e grazie a te per la bellissima recensione di “I am a Peacock”! La tendenza a spaziare nei vari contesti è una caratteristica che ho sempre avuto e che è forse frutto anche dei miei ascolti, sono un curioso e ho sempre ascoltato ogni tipo di musica; suonando vari stili ho cercato di analizzarne i linguaggi anche quando erano più lontani da me e con il tempo ho cercato il più possibile di uniformare il mio modo di suonare nei vari contesti, cercando una sintesi e una mia voce. È un lavoro lungo e forse infinito!

MC

Raccontaci sommariamente il tuo inizio. Hai iniziato direttamente dal basso o eri, come tanti, il secondo chitarrista di una band adolescenziale (sorrido)? A parte la scherzosità della mia domanda, raccontaci come è andata. Devi ringraziare qualcuno in particolare per averti trasmesso questa passione oppure tutto è nato da situazioni contingenti?

PR

A differenza di molti colleghi, sono partito direttamente dal basso; il mio imprinting musicale sono stati, fortunatamente (!), i Pink Floyd i cui vinili giravano spesso in casa. Dischi come Meddle e Ummagumma sono stati la mia prima scuola, tutto quel mondo psichedelico continua ancora oggi ad affascinarmi.

MC

Ho notato che usi quasi esclusivamente il 4 corde. Ci descrivi il tuo setup? Magari qualche giovane bassista che legge potrebbe trarre informazioni utili dalle tue preferenze. E parlaci anche degli “scatolotti” che utilizzi, beat machines, pedali, synth pedal. Nel tuo disco ne hai fatto largo uso. Che approccio hai con la tecnologia?

PR

 Il 4 corde è lo strumento che preferisco ma in realtà lo alterno molto spesso con il 5. Allʼinterno del disco ho utilizzato il 5 corde con il DO alto per avere più possibilità; si può sentire soprattutto sui soli di “The future is” e di “Crash” ma anche in alcune parti in cui ha una funzione più chitarristica per riempire quelle frequenze che mancavano.

Ho tantissimi pedali ed effetti ma in realtà cerco di avere i setup sempre minimali in base a quello che vado a fare; questo perché secondo me il basso deve essere sempre al centro e spesso noto che lʼeffettistica diventa un sistema per mascherarsi un poʼ, bisogna fare molta attenzione. Per questo motivo nei vari progetti non ho un setup fisso ma varia anche da concerto a concerto. Il pedale che però non manca mai è lʼoctaver.

MC

Da insegnante quali concetti ritieni fondamentali, imprescindibili? Ti faccio degli esempi … il suono personale, l’approccio allo studio, il “giocare” con il proprio strumento, la coscienza di intraprendere un percorso, … insomma sono, insieme a tante altre, tutte cose importanti e complementari. Tu cosa pensi?

PR

Insegnare per me è importantissimo perché mi mantiene in allenamento soprattutto mentale; sembra una frase fatta ma si impara tantissimo insegnando ed è uno scambio che ogni musicista dovrebbe avere. Io credo sia importantissimo rispettare i gusti e la strada di un allievo ma nello stesso tempo incoraggiarlo a percorrere strade nuove stimolandolo creativamente per poi aiutarlo a trovare un suo unico percorso. È importante che ci sia anche un rigore nella lezione, lo studio della tecnica e della tradizione.

MC

Passiamo al discorso professionale. Cosa valuti principalmente nei progetti che ti propongono per accettarli? 

PR

Deve piacermi lʼartista con cui lavoro, anche perché tendo ad essere molto fedele alle situazioni, suono da tantissimi anni con progetti molto solidi, sono il bassista di Paola Turci da quasi 13 anni e di Massimo Ranieri da almeno 7, anche i gruppi con cui lavoro sono stabili da tanto tempo.

MC

Coronavirus! Come vivi questo momento di segregazione forzata dovuta a questa maledetta pandemia? Ti saresti mai aspettato di vivere un momento delicato come questo?

PR

Non avrei mai immaginato di vivere una situazione del genere e, come tutti noi, di entrare a pieno titolo nei libri di storia, però sto sfruttando il tempo al meglio, studiando, scrivendo e componendo nuovo materiale, penso sia lʼunico modo per portare comunque avanti la mia attività.

MC

Il mondo artistico, come altri, sta subendo conseguenze gravissime a livello professionale. La nostra professione, spesso poco considerata, non si può certo dire che sia tutelata, ma è una vecchia storia. Se poi consideriamo che saremo tra gli ultimi a ripartire non si può che constatare la gravità della questione. Ci sono intere famiglie in difficoltà dietro a questa situazione. Quali sono le tue considerazioni? 

PR

Saremo gli ultimi a ripartire ed ho paura che questo provocherà una grossa scrematura; speriamo solo che, come tutti i grossi eventi, questa tragedia possa far nascere qualcosa di nuovo dal punto di vista artistico; vedo i musicisti, anche se lontani, paradossalmente più vicini di prima e in pieno “vulcano creativo”.

MC

Cambiamo discorso e viriamo decisamente verso argomentazioni più gioiose. Raccontaci I am a Peacock. Come nascono i brani? Erano già da qualche parte o sono stati composti recentemente? 

Eppoi la storia della sardina che desidera diventare un pavone. Te lo chiedo per evidenziare il filo conduttore del progetto.  

PR

Avevo in mente questo disco da tempo, ha preso forma grazie al produttore Luca Sapio, mio amico di vecchia data, che mi ha aiutato a mettere a fuoco la mia musica e a incanalarla. Alcune composizioni sono più vecchie, altre sono state sostituite da brani che sono nati strada facendo. Lʼidea è stata quella di fare un disco ispirato alle Library music italiane degli anniʼ70 in cui però il protagonista è il basso elettrico. Ogni brano ha unʼimpronta cinematica e per questo abbiamo deciso di realizzare anche due video che li accompagnassero (Who is God? e I am a Peacock); il concept dei video è soprattuto merito di Luca Sapio e di suo fratello Matteo che ne hanno curato i vari aspetti.

MC

Personalmente reputo di fondamentale importanza la fase di produzione di un lavoro. Se qualcosa non funziona si potrebbe vanificare un intero periodo di composizione, arrangiamento e soprattutto l’acquisizione di quella coscienza artistica che cresce pian piano intorno ad un progetto. Mi hai parlato del buon rapporto con il tuo produttore Luca Sapio. Ci tenevi. Che rapporto hai con lui? Se non sbaglio anche lui è un nostro collega musicista. Parlami soprattutto del rapporto di interazione che avete avuto durante la lavorazione del disco. Le varie fasi, la pre-produzione, le registrazioni, ecc… Insomma le scelte adottate, quel suono così particolare del disco. A proposito riporta lui i miei complimenti, bella produzione davvero!

PR

Sì Luca è stato fondamentale, posso dire che il disco è stato fatto a quattro mani, collaboriamo da anni e ormai ci conosciamo benissimo, sappiamo come stimolarci reciprocamente. La sua intuizione è stata anche quella di coinvolgere un collettivo di poeti africani che hanno mandato dei messaggi vocali lo-fi con il cellulare che sono stati utilizzati e manipolati come veri e propri sample. Il disco è stato registrato da Luca nel suo studio, Blind Faith Records a Roma, in cui ha incredibili macchine vintage. Il mix è stato fatto in analogico e la scelta è stata molto difficile poiché, proprio per quel motivo, ogni sessione aveva un carattere importante. Importantissimo è stato lʼapporto dato anche dagli altri due musicisti, Marco Rovinelli, anche lui amico di vecchia data, che ha suonato le batterie mescolandosi alla mia elettronica, e Nicola Peruch che su due pezzi ha suonato il synth e i modulari caratterizzandoli notevolmente.

MC

Adesso cosa farai? Hai intenzione di “riposarti” o qualcosa di nuovo bolle già in pentola?

PR

Usciranno presto due nuovi libri su cui sto lavorando, uno di questi è il terzo volume di Bass Therapy, un percorso didattico che ho sviluppato già in due volumi editi da Sinfonica. Vorrei portare live I am a Peacock, sto studiando anche un set live solo.

MC

Pierpaolo, ti ringrazio anche a nome di tutto lo staff di ICOnA. Ti auguro tanta serenità, che di questi tempi mi sembra il minimo. Grazie di cuore!

PR

Grazie a te Marco e a tutto lo staff di questa nuova e bellissima realtà soprattutto per la scrupolosità con cui analizzate i progetti. A presto!