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MC

Ciao Lucrezio! Grazie innanzitutto della tua disponibilità!

LdS

FOTTITI, MALEDETTO!!! No, no… scherzo!!!

Grazie a te, Marco.

MC

Oggi, nell’ambito di questa nostra informalissima chiacchierata ti chiederò alcune cose legate alla tua attività di batterista, soprattutto da un punto di vista didattico. 

Oggi ci sono tantissimi bravi batteristi, molti dei quali giovanissimi e promettenti. Li osservi?

LdS

Eccome, è una pratica che rispetto da sempre e che ritengo faccia parte dei miei ‘doveri’, sia in veste di musicista professionista che di direttore artistico per le manifestazioni e produzioni che porto avanti.
E’ un panorama che si amplia di continuo e che spesso nasconde in sconosciuti utenti di Youtube picchi di sorprendente preparazione e capacità, soprattutto dal punto di vista della tecnica strumentale!

MC

Come consideri l’attualità del “batterismo”? 

Quali evoluzioni importanti stai notando e, di conseguenza, vivendo in questo periodo?

LdS

Partiamo con il dire che la batteria è uno strumento relativamente ‘giovane’. Fra tutti quelli che conosciamo, fatta eccezione per i sintetizzatori e i processori elettronici che sono un po’ più giovani di qualche decennio, è quello che ha visto l’evolversi della sua tecnica specifica negli ultimi 100 anni.
Un nonnulla se pensiamo al pianoforte, il violino o la chitarra che vantano secoli di storia.
Questa evoluzione è partita poi in qualche modo avvantaggiata da almeno 1000 anni di tecnica di tamburo bandistico/militare. Le prime ‘scuole’ di tamburo militare risalgono infatti attorno all’anno mille, quindi diciamo che per quello che concerne le mani, c’era poco da inventarsi dal ‘900 a oggi. Infatti la batteria delle origini (quella di New Orleans, per intenderci) era quasi del tutto basata sui rudimenti di tamburo rullante.


Anche nelle prime ‘batterie’, chiamate ‘double drums’, il batterista suonava grancassa e rullante con le due mani destra e sinistra. I pedali, i tom e i piatti come li conosciamo oggi erano ancora di li a venire…
Quindi all’epoca (gli anni a cavallo del XIX° e del XX°secolo) i piedi avevano ben poco da fare. Per questo motivo si può tranquillamente dire che l’evoluzione batteristica, da un punto strettamente tecnico, è in realtà lo sviluppo delle tecniche di pedali e della loro integrazione con le mani, per una coordinazione che oggi è a pieno titolo una ‘meccanica a 4 gradi di libertà’.
C’è stato poi anche uno sviluppo dello strumento stesso che ha portato in qualche decennio alla definizione di quello che oramai è considerato ‘La Batteria’, ossia l’insieme di Grancassa, Rullante, Tamburi Muti (Tom-Toms) alto e basso e piatti, suddivisi fra piatti a pedale (Hi Hat) e piatti sospesi (Ride e Crash, gli Splash, China, Swish ecc sono considerati alla stregua di ‘optional’…). Diciamo che dagli anni ’30-’40 a oggi il set basico è rimasto invariato.

Dal punto di vista musicale, invece, lo strumento ha avuto molteplici metamorfosi, le cui più gettonate ovviamente sono sempre state quelle in cui la pulsazione ne faceva da padrone, ma anche in ambiti più astratti come il free Jazz o la musica contemporanea e concreta, lo strumento ha saputo ritagliarsi, grazie agli artisti che ne hanno capito il potenziale, il suo meritato spazio.
Detto in modo molto approssimato, il linguaggio batteristico è partito dalla basilare funzione di evidenziatore del tempo per svilupparsi negli anni in uno strumento che dialoga con la musica e con gli altri strumenti, sottolineando, contrastando e arricchendo creativamente il ‘discorso’ espressivo di una composizione e può avere gradi di liberta infiniti, non dovendo più sottostare (sempre limitatamente all’ambito musicale in cui fornisce il suo suono) alla responsabilità di rappresentare il metronomo delle band…

Oggi, le innovazioni per me più evidenti sono l’esasperazione del concetto di metronomicità, resa possibile anche grazie all’avvento degli strumenti digitali (Sequencer, Drum Machines, DAW e, oggi addirittura App dedicate per il nostro smartphone), e l’incredibile capacita e controllo delle tecniche di esecuzione che permettono di eseguire qualunque figura ritmica a velocità supersoniche, senza mai perdere un solo colpo…
Aggiungiamo a questo scenario il sapere ritmico sviscerato da tutto il movimento dei compositori ‘seri’ di inizio ‘900, la rivoluzione formale, timbrica e armonica dalla musica seriale, dodecafonica ed elettronica, ed ecco che uno strumento, tipicamente associato alla musica popolare (quindi il Pop, Rock, Jazz, Blues, Funk e chi più ne ha più ne metta), inizia a includere nel suo linguaggio, gruppi e divisioni irregolari, poliritmie, polimetrie e la sovrapposizioni di tutti questi concetti, raggiungendo vette di espressività che ne fanno oramai uno strumento capace di essere protagonista di veri e propri concerti in assolo.

MC

Un musicista ha sempre il dovere di attualizzare i parametri che lo coadiuvano per svolgere la sua professione. Nuovi ambiti musicali, nuove tecniche esecutive, addirittura nuovi e più performanti strumenti…

Ti chiedo quindi … cosa ti piace del nuovo?

E cosa invece proprio non ti piace?

LdS

Se proprio devo dire cosa non mi piace, dico che non piace dire quello che non mi piace. Ossia, preferisco molto di più parlare di quello che mi piace…

Del nuovo modo di suonare apprezzo tantissimo il rigore con cui oramai quasi tutti i musicisti si impegnano per raggiungere quel livello di controllo che ne fa degli esecutori al limite della perfezione.
Lo stesso dicasi per la ricerca ritmica e di linguaggio che sono tipiche degli ambienti musicali più creativi e inclini all’innovazione. Quando poi tutta questa ricerca e questo studio si sposano con una funzionalità e subordinazione al messaggio emozionale ed intellettuale dell’opera musicale in cui le si utilizzano, beh… Li si è riusciti probabilmente a realizzare qualcosa di valore.

MC

Noti delle trasformazioni relativamente ad alcuni concetti che prima erano considerati punti assolutamente fermi e oggi  sono “trascurati” o addirittura ignorati?

LdS

Nella musica più ‘di massa’, ossia quella che gode di più favore da parte del pubblico perché più aderente ad un idea di musica familiare e rassicurante, credo che tutto proceda come è sempre stato. Forme semplici, estetica più diretta possibile e contenuti che possono essere sia frivoli che estremamente pieni di spessore.

In quella più di nicchia noto invece una sorta di distacco progressivo dalla necessità di essere ‘comprensibile’, e quindi fruibile, dal pubblico. E’ come se si facesse sempre più musica per la sola esigenza di appagare le proprie visioni e aspettative, più che per comunicare idee ed emozioni (anche ideologie…) a chi poi la ascolterà. 


Non so se questo è dovuto alla sempre più disperata scarsità di accesso ai palchi per chi propone musica non ‘classificabile’, o se alla comparsa del chimerico ‘palco online’ delle piattaforme come Youtube o dei Social Network che ti fanno credere di essere comunque davanti ad un pubblico, pur stando registrando il tuo video dallo scantinato di casa. Di sicuro anche il pubblico ha perduto molta di quella curiosità e quella voglia di essere stupito dai suoni e dalla magia del palcoscenico, e questo fa molto.
Decenni di cinema fatto di effetti speciali, musica onnipresente e gratuita 24ore al giorno, disponibilità infinità di contenuti grazie alle suddette piattaforme di streaming… Insomma è anche comprensibile che davanti a tanta abbondanza, possa ad un certo punto anche venir meno l’appetito…

In questo scenario, ciò che probabilmente vedo mancare sempre più ai più giovani, è proprio l’esperienza del palcoscenico. La gestione delle emozioni sia create che subite e le basilari regole del suonare insieme ad altri esseri umani, piuttosto che assieme a basi preregistrate, o peggio, programmate al computer.
Ma di questo certo non se ne può fare una colpa ai giovani. Gran parte degli artisti di serie A di oggi, sono gli stessi che lo erano già da giovani trenta, quaranta o in alcuni casi anche cinquanta anni fa…
La coperta è piccola, soprattutto in una nazione come l’Italia, per cui come la tiri la tiri, mai riuscirà a coprire tutti.

MC

Alcuni cambiamenti in corso hanno influito sulla tua attività didattica?

Hai dovuto in un certo senso rimodulare i tuoi programmi?

LdS

No, nel modo più assoluto. Una didattica seria e fondata su solidi basi può comprendere tutto (o quasi) quello che verrà. Per questo ho impiegato tanti anni a studiare come e cosa far studiare ai miei allievi.

MC

Quali sono i parametri didattici secondo te imprescindibili?

LdS

La Postura e la tecnica esecutiva in primis.
Poi viene il saper comprendere l’architettura che sta alla base della musica, e quindi ritmo, melodia, armonia e timbro.
Infine la capacità di sapere utilizzare la tecnica per produrre quello che concettualmente vogliamo esprimere desumendolo dai nostri ‘progetti mentali’, filtrati dalla nostra cultura musicale, bagaglio imprescindibile e ottenibile solo grazie al costante ascolto di tutto quello che ci ha preceduti.

MC

Come si costruisce il suono, il proprio personalissimo suono di un batterista? Cosa consigli ai tuoi allievi in merito a questa problematica?

LdS

Attraverso la comprensione che tutto il sistema corpo, arto, battente, strumento (e tutte le sue sottoparti) contribuiscono sostanzialmente al suono. Spesso ricevo messaggi in cui mi si chiede che piatto ho usato in quel video, quali pelli montavo durante le registrazioni di quel disco o che bacchette uso quando suono live… Sono domande che servono solo ad alimentare il giusto e necessario mercato degli strumenti musicali. La verità è che essendo il suono di un musicista formato dalla somma dei fattori di cui sopra, ognuno di questi contribuisce solo parzialmente al totale, quindi procurarsi lo strumento che usa il tuo idolo non farà altro che alimentare i tuoi bisogni psicologici e le tue insicurezze, ma difficilmente ti avvicinerà al suono di chi ammiri o migliorerà il tuo.
Un consiglio che do sempre ai miei allievi, ad esempio, è quello, in caso non si disponga di una saletta insonorizzata dove poter suonare la batteria acustica, di studiare su superfici di gomma dura o, per chi dispone di una batteria elettroacustica, di studiare sulla stessa, ma spenta.
Il saper tirare fuori un suono dalla percussione vale sempre, sia che lo si stia facendo su un piatto da 2000 euro (si, ce ne sono), che se si sta colpendo una mattonella o un pezzo di “tubo Innocenti” piegato ed arrugginito. Se si usa invece il suono campionato, pilotato da un pad che, comunque lo colpisci, emetterà sempre e solo quel campione di piatto, rullante o tom, questo sicuramente non ti aiuterà a capire quali sono i movimenti che assecondano un suono ‘voluto’. Utilizzo intenzionalmente il termine ‘voluto’, invece che ‘bello’, perché un suono è un suono, e finche non lo si introduce all’interno di un discorso musicale, non è altro che un suono, nulla di più. La sua funzionalità all’interno della musica poi ne definisce il valore estetico, ma mai potrei affermare che quel suono è più bello o brutto di un altro sulla base del loro ascolto solitario.

MC

Perché troppo spesso non si riesce a trovare un giovane che oltre ad essere esasperatamente virtuoso, e aggiungo io … a volte poco musicale, poi non sa fare uno swing come si deve?  … Intendo l’andamento del ride con tutte le dinamiche e il modo di colpire, la gestione dei ghost che non sono mai “giusti”, per non parlare del mood. Senza dimenticare la postura …!

LdS

Non credo la situazione sia così drammatica. Spesso dopo i primi incontri non andati a buon fine, si tende naturalmente a voler dimostrare inconsapevolmente che anche il prossimo andrà male…
E’ anche logico che un batterista di 20 anni abbia avuto oggettivamente meno tempo di uno di 50 per studiare e approfondire tutto lo ‘scibile batteristico’. Quindi se uno ha prediletto per tutto il suo periodo formativo il perfezionamento delle capacità solistiche, ci sarà da un’altra parta un altro che per la stessa durata di tempo avrà studiato prevalentemente tutti i modi di portare il tempo sul piatto. E da qualche altra parte un altro ancora che avrà fatto per metà del tempo l’una, e per l’altra metà del tempo l’altra cosa.
Basta non fermarsi e rimanere sempre aperti a incontrare nuove persone, come anche rincontrare dopo qualche anno chi al primo incontro non ci ha convinti. Si possono fare grandi scoperte anche così.

MC

Credo che un batterista per essere completo debba conoscere, anche se non approfonditamente, l’armonia, la melodia, alcuni principi di arrangiamento … insomma quella parte della musica che non guarda solo alla divisione ritmica. Molti batteristi lo sanno e provvedono, molti altri no. Sei d’accordo che potrebbe essere importante ai fini di una più adatta contestualizzazione di una performance?

LdS

E’ una cosa fondamentale, e i motivi sono molteplici:
1. Puoi comprendere un brano in minor tempo e più facilmente non dovendo contare le battute, ma schematizzando la progressione degli accordi che, lasciando da parte i casi tipo Giant Steps, normalmente è formata da meno accordi che beat!
2. Se stai leggendo e ti perdi nella partitura è più facile riconoscere due accordi che si susseguono che trovare il punto aspettando che il brano passi di lì!
3. Quando pianista e bassista litigano sulla composizione di un accordo, eviti di suonare il tuo ultimo studio di rullante perché non sai di cosa stiano parlando.
4. Puoi metterti al piano e proporre una modifica ad un brano e, magari, richiederne riconoscimento attraverso punti SIAE
5. Quando suoni, non senti più solo il tuo strumento, ma sai riconoscere ed apprezzare tutto quello che suonano anche gli altri musicisti, con conseguente miglioramento del tuo coinvolgimento batteristico e piacere nel suonare con gli altri.
6. Se non serve un batterista e hai studiato abbastanza un altro strumento, puoi andare a suonare comunque e non restare a casa a lamentarti che non c’è lavoro…

MC

Mi racconti, anzi ci racconti il tuo metodo didattico? Mi riferisco a “The logic of Rhythm”. Come è nata l’esigenza?

LdS

E’ molto semplice. Era il 1991 e vivevo a NY dove seguivo un corso di diploma presso una scuola di musica del posto. Durante una lezione di teoria l’insegnante iniziò ad farci suonare diverse frasi musicali prese da due testi sacri del tamburo, ossia il ‘Syncopation for the Modern Drummer’ e lo ‘Stick Control’ e qualcosa iniziò a sembrarmi strano. Era come se mancasse ogni volta qualcosa. Si passava da esercizi assimilabili ad un tipo A a quelli di tipo B sempre troppo presto. Qualcosa nella mia testa mi diceva: “Ma no, manca qualcosa!”.
Cosi tornai nel mio appartamento condiviso con tre altri musicisti da tutto il mondo e mi chiusi in camera a rileggere tutto e… effettivamente mancavano dei pezzi. O meglio: per la trattazione esaustiva di quel particolare studio si erano elencate solo alcune delle figurazioni possibili, probabilmente le più popolari.
Da lì iniziai ad elaborare un metodo per riempire quelle omissioni, al tempo considerate da me inammissibili!
‘The Logic of Rhythm’ è il prodotto di quelle elucubrazioni, arricchito negli anni di modi e procedure per trasformare un numero relativamente esiguo di esercizi di solfeggio in studi progressivamente sempre più complessi e stimolanti sul tamburo prima, e sul drumset dopo.
Per questo mi sono permesso di definirlo ‘metodo’, e non ‘collezione di esercizi’, per batteria.

MC

Sei anche produttore, oltre che strumentista e didatta. Come valuti una produzione? Quali sono i parametri importanti che consideri innanzitutto?

LdS

  1. Il suono di insieme (non della qualità di registrazione). Deve avere da subito un elemento di attrattività, altrimenti tutto il resto rischio di ignorarlo.
  2. L’equilibrio fra tutti i musicisti. Un gruppo deve avere un leader, ma nessuno deve fare a cazzotti per primeggiare con il proprio strumento, neanche il leader stesso, che lo deve essere per oggettiva riconosciuta autorevolezza.
  3. La sintesi, ossia il dono di non aggiungere elementi inutili al quadro generale.
  4. Se ascolto una demo in presenza dell’artista/i, non mi fa mai un bell’effetto quando questo/i mi sottolinea/no durante il playback passaggi o parti di particolare bellezza…
  5. Voglio sempre sapere chi si sta proponendo cosa voglia fare da grande, anche se ha 60 anni.

MC

Come consideri l’avvento dell’informatica e della tecnologia digitale, ormai ampiamente “mature”, in relazione ad una produzione?

LdS

Meravigliosa, insostituibile e fonte di gioie e dolori. Gioie quando se ne capisce il potenziale creativo e di praticità incomparabili alle tecniche del secolo scorso. Dolori quando si diventa succubi del Cut/Paste o Undo/Correct ecc…

MC

Come hai reagito professionalmente a seguito di questa maledetta pandemia? Stai lavorando ad un nuovo progetto in questo momento così … “obbligato”?

LdS

Sto lavorando alla mia Honda NS125R del 1987. Un restauro iniziato il primo giorno di serrata e tutt’ora in lavorazione. E’ stata la mia prima moto in assoluto e non ho mai pensato un solo attimo di venderla, anche dopo essere passato a cilindrate da ‘maggiorenni’.
In quanto alla musica, mi diletto a scrivere post (auto)ironici prendendo di mira i musicisti e le loro tipiche idiosincrasie macchiettistiche, dichiarazioni e atteggiamenti, quasi sempre, dissociate dalla realtà del resto del mondo.
I ‘Gieatsisti’, come li chiama il caro Stefano Bagnoli, nel loro piccolo mi danno da sempre più spunti degli altri, ma è ovviamente solo un modo per giocare ed alleggerire questo clima assurdo.
Ho deciso per ora di tacere e non suonare nulla fino a che qualcosa non cambi, o che noi non riusciamo a cambiarlo.
E il mio personale modo di rispettare il lutto legato alla improvvisa scomparsa delle attività culturali.

MC

E andando sulla sfera personale … ti saresti mai aspettato di vivere un simile momento?

Come vivi in famiglia questi giorni?

Cosa ti chiedono i tuoi figli?

LdS

Mai avrei pensato di vivere e far vivere alla mia famiglia una simile esperienza.
La vita continua e i bambini sono fenomenali, si adattano ai cambiamenti con una naturalezza e velocità incredibile. In alcuni momenti però è pesante vedere che tutti i giorni non fanno altro che frequentare solo noi. La scuola online è una pazzia, perlomeno per i bambini più piccoli. Non capisco come sia possibile credere che questa possa essere una soluzione ad un problema i cui contorni sono indecifrabili, a meno di decidere arbitrariamente di aderire ad una delle varie teorie, nessuna delle quali è priva di elementi tali da renderle quantomeno dubitabili.

MC                                                        

Ok abbiamo terminato la chiacchierata e quasi mi dispiace.

Io ti ringrazio di cuore anche a nome dello staff di ICOnA e soprattutto a nome di coloro che, attraverso queste parole, hanno potuto conoscerti da un punto di vista diverso.

Grazie Lucrezio!

LdS

Grazie a te, Marco. Per avermi voluto per questa chiacchierata e per avere uno spirito così positivo.
Spero di vederci presto a quattrocchi, magari per andare a sentire un buon concerto seduti ad un tavolo davanti al palco godendo della realtà del mondo che ci aspetta là fuori.