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“Other colors” di Angelo Olivieri

Recensione dell’album “Other colors” di Angelo Olivieri, pubblicato nel 2020 dall’etichetta AUTRECORDS

Angelo Olivieri è un trombettista jazz che può vantare i favori della critica anche internazionale per le sue produzioni passate. Oggi parleremo ampiamente del suo ultimo lavoro appena pubblicato: Other colors.

Insieme a lui ci sono:
Antonio Jasevoli: chitarra, effetti
Lorenzo Feliciati: basso, effetti
Bruce Ditmas: batteria

Abbiamo allegato alla recensione anche un paio di brani e il video di presentazione.
Si parte.

1. Vashkar

Brano di Carla Bley. Atmosfera molto eterea, bello il “condimento” della chitarra e della sezione ritmica che arricchiscono irregolarmente il tema della tromba. Rispetto alla versione originale cambia l’ambientazione. Qui è tutto dilatato, si riflette, ci si appoggia alle frasi che ciascun musicista “pronuncia”. Molto belli gli effetti di sottofondo, sono dei pad a sostegno. C’è Il basso che suona poche note e armonici. La tromba di Angelo Olivieri si appoggia, con quel suono caldo ed espressivo. E arriva la chitarra effettata e distorta, note lunghe e sostenute, sembrano voci urlanti di un mercato, a volte lamenti. Poi riprende il tema e si termina con quei pad distorti … sembrano il “canto” di una grande nave. Questo brano è degli anni ’60 ed è stato suonato da Paul Bley e da Tony Williams, ma sempre in contesti ritmici più incalzanti. Una curiosità … Bruce Ditmas, batterista presente in questo lavoro, suona questo brano anche in un’altra occasione, al fianco di J.Pastorius, P. Metheny e P. Bley.

2. For a gentleman

Intro con ritmica delicatissima con “frasi” di snare e basso che esegue figurazioni che mi ricordano “Tutu” (Miles Davis), e più tardi, proseguendo con l’ascolto, ne ho avuto conferma. Tromba che sembra “parlare”. Prima limpida poi rauca a “ribadire” il suo essere. Gioca con la chitarra intellettuale di Jasevoli. È un crescendo pieno di sensazioni emotive. Arriva il tema solenne e malinconico. È una marcia. Poi cambia la ritmica. Inizia l’assolo di tromba, oserei dire “davisiano”, ma Olivieri lo sa. L’assolo che non è un assolo. È interlocutorio e sfrutta frasi in progressione molto efficaci. Ogni tanto “esce” fuori per poi tornare. Mi piace perché non distoglie mai l’attenzione per tutto ciò che sta sotto. E c’è tanto sotto, un turbinio ritmico! Grande interplay in questo brano. Mi piace tantissimo!

3. Dialogue n.1

Tromba e batteria che dialogano tra loro. Ma è più bello dire Angelo e Bruce che parlano tra loro. Tutto ampiamente improvvisato. Tutti liberi di dire ciò che si vuole. Ci sono strutturazioni ritmiche concordate ma poi quando uno dei due divaga, l’altro segue. La tromba è agile e si muove sul fragore della batteria. Olivieri utilizza degli ostentati che sviluppa man mano. Poi vira verso altre frasi, le trasporta come avrebbe fatto Ornette (!). Utile il mini tema concordato per “chiamare” il finale.

4. The house of the rising sun

Brano tradizionale. Mi ha ricordato quando da piccolissimo mio zio mi faceva sentire la versione targata The Animals. Vabbè! Intro di chitarra riverberata. Arriva il tema in ”sordina” rimarcato dalla base. Mi piacciono l’incedere del basso di Feliciati, perfettamente in stile, e la chitarra leggermente distorta che ricama a supporto. Fill di batteria a cucire un ensemble molto caratterizzato.

5. Other colors

Title track. Intro molto “silenzioso e scuro”, melodia dolcissima, un po’ malinconica, … bella! Immagino un incedere calmo di chi sta scoprendo nuove cose, guardandosi intorno. Mi piace molto la chitarra, così discreta, che armonizza spesso in omoritmia e in sottofondo. E arriva anche l’assolo, con un suono ben riverberato, senza code eccessive e “mischianti”. Allo stesso modo il basso supporta contrappuntando, mentre la batteria fa ampio e delicato uso dei piatti allargando il suono.

Che bello l’assolo di tromba, sono frasi che scorrono fluidamente. L’attacco quasi privo di transiente dona un tono vellutato all’esecuzione.  Belli i “crescendo”. 

Questo brano è veramente molto bello!

6. Dialogue n.2

Altro dialogo. Effetti elettronici, piccoli riff di tromba molto ritmici, di impostazione funk. C’è un pedale sotto che tiene il tempo sul quale ciclicamente si modula.  Interessante l’effetto globale.

7. Lonely woman

Brano di Ornette Coleman totalmente reinventato. Sapore elettrico. Ritmica incalzante ed irregolare. Temi solo accennati, tanto per ricordare la versione originale. Ed ecco che si comincia a muovere il tutto. Il basso abbozza una ritmica più regolare, nonostante la batteria continui a sfornare fill movimentati e sincopati. E su tutto ciò tromba e chitarra dialogano alternandosi per l’improvvisazione. Belle le sovrapposizioni. Si respira un bel groove, il brano gira bene, c’è affiatamento tra i musicisti. Ogni tanto viene riaccennato il tema in modo dilatato. Poi si placa tutto.

8. Dialogue n.3

Di nuovo un dialogo. Questa volta la chiacchierata è tra tromba e chitarra, tra Angelo e Antonio. Conversazione concitata, forse dissentono, si parlano sopra. Tante dissonanze, ambientazione free. Si cresce dinamicamente ma poi, alla fine, si trova l’accordo. Mi devo ricordare di chiedere ad Angelo Olivieri come è nata questa idea dei dialoghi.

9. Ida Lupino

Brano di Carla Bley del 1964. È dedicato alla attrice/regista inglese Ida Lupino, una sorta di simbolo di un riscatto, non solo artistico, in un mondo, quello di Hollywood, che al tempo poco contemplava la figura femminile associata a ruoli predominanti come quelli del regista. Forse Carla Bley può essere associata, in campo musicale, alla Lupino. È un brano interpretato negli anni da tantissimi jazzisti, uno tra i tanti, Paul Bley. Olivieri lo scompone ritmicamente, lo rende “lungo”. È un inno, pieno di consapevolezza e trasporto nel rendere omaggio al personaggio evocato e all’autrice Carla Bley, entrambe “donne”. Molto significativa la batteria irregolare e selvaggia che rafforza la delicatezza della tromba, dolce e sobria, solenne! Che bello il finale, così sentito, caldo assai!

Ottimo lavoro, dal suono rassicurante, anche quando l’enfasi aumenta viene sempre mantenuta quella tranquillità esecutiva. A nessuno interessa mettersi in mostra, si punta al risultato globale. Non ci sono mai virtuosismi inutili, non servono. 

C’è tanta consapevolezza e maturità in questo lavoro. 

I suoni sono sempre quelli giusti,  e non si fatica quasi mai a seguire l’andamento dei singoli brani. Risulta indovinata la scelta dei musicisti che garantiscono una complementarità praticamente ideale. Ho altresì apprezzato tantissimo la coraggiosa ed inedita rivisitazione dei brani della Bley e di Coleman, per i quali il quartetto ha proposto idee totalmente nuove, riscrivendo tutto riguardo a ritmica, armonia e melodia, attribuendo nuovi “colori”. 

Questo pregiatissimo lavoro non è proprio per tutti, soprattutto se ci riferiamo ai tre dialoghi che i musicisti tessono tra loro. Ma è pur vero che molto spesso l’evoluzione dei linguaggi o addirittura la nascita di quelli nuovi richiede una maggiore maturità nell’ascolto. 

Insomma … qui c’è lirismo, c’è calore, c’è spregiudicatezza, ma c’è anche tanta melodia. E questi parametri, abilmente miscelati dai musicisti, contribuiscono a creare quel suono così caratteristico che ho colto durante i numerosi ascolti.

Disco da segnalare!

 marco campea – siAMO musica – ICOnA